Con l’introduzione dell’obbligo generalizzato di fatturazione elettronica anche per i contribuenti in regime forfettario, è emersa l’esigenza di chiarire alcuni aspetti relativi all’imposta di bollo. Questo tributo, spesso trascurato o trattato in modo non corretto, può generare implicazioni fiscali e sanzionatorie rilevanti. Vediamo come gestirlo correttamente.
Quando è dovuta l’imposta di bollo
L’imposta di bollo pari a 2 euro è dovuta su tutte le fatture elettroniche di importo complessivo superiore a 77,47 euro, emesse per operazioni non soggette a IVA. È questo il caso tipico delle prestazioni rese da contribuenti in regime forfettario, indicate nel tracciato XML con il codice «N2.2».
Come si applica il bollo nella fattura elettronica
Nel sistema elettronico non è possibile apporre fisicamente una marca da bollo, come si faceva con i documenti cartacei. È quindi necessario valorizzare il campo specifico “Bollo virtuale” nel tracciato XML della fattura, indicando che l’imposta è stata assolta.
Il versamento dell’imposta può essere effettuato su base trimestrale tramite il portale Fatture e Corrispettivi dell’Agenzia delle Entrate, che mette a disposizione l’elenco delle fatture soggette e genera automaticamente il modello F24 precompilato.
I controlli automatizzati dell’Agenzia delle Entrate
Il DM 4 dicembre 2020 ha attribuito all’Agenzia delle Entrate il potere di controllo automatizzato del corretto assolvimento del bollo sulle fatture elettroniche. Se viene rilevata un’irregolarità, il contribuente riceve una comunicazione contenente:
- l’importo dell’imposta non versata,
- gli interessi,
- la sanzione, pari al 30% dell’imposta dovuta (ridotta a 1/3 o al 25% per violazioni successive al 1° settembre 2024).
Per il pagamento sono stati istituiti i seguenti codici tributo:
- A400: imposta dovuta,
- A401: sanzioni,
- A402: interessi.
Il bollo riaddebitato al cliente: compenso o rimborso?
Un punto controverso riguarda il trattamento fiscale dell’imposta di bollo quando viene riaddebitata al cliente. L’Agenzia delle Entrate, nella risposta n. 428/2022, ha chiarito che in tal caso l’importo assume natura di compenso, concorrendo quindi:
- alla determinazione del reddito forfettario soggetto a imposta sostitutiva,
- al superamento del limite di 85.000 euro annui per la permanenza nel regime,
- alla base imponibile per i contributi previdenziali (INPS o cassa professionale).
Le due opzioni per il contribuente
Il contribuente in regime forfettario può dunque scegliere tra due strade:
- Assorbire il costo del bollo: non riaddebitandolo al cliente, l’importo non rientra nel reddito.
- Riaddebitarlo al cliente: in tal caso, l’importo viene fiscalmente assimilato a un compenso.
Va sottolineato che, in assenza di una norma che escluda espressamente il bollo dai ricavi tassabili, la seconda opzione comporta un aggravio fiscale.
La (possibile) esclusione dal reddito: cosa dice il Dlgs 192/2024
Il nuovo art. 54 del TUIR, come riformato dal Dlgs 192/2024, prevede che i rimborsi analitici delle spese sostenute per l’incarico non concorrano alla formazione del reddito. Tuttavia, questa norma si applica al regime ordinario e non ai forfettari. Inoltre, è discutibile che il bollo – in quanto tributo – possa essere assimilato a un “rimborso spese”.
Pertanto, in assenza di un chiarimento ufficiale o di una modifica normativa, resta valida l’impostazione dell’Agenzia.
Conclusione: la prudenza è d’obbligo
La gestione dell’imposta di bollo nella fatturazione elettronica per i forfettari richiede attenzione. Una scelta apparentemente marginale, come quella di riaddebitare il bollo al cliente, può avere impatti significativi sul reddito imponibile e sui contributi dovuti. Per questo motivo, è fondamentale valutare con il proprio consulente fiscale la soluzione più adatta al proprio caso.